Accesso ai servizi

Da "Tra i sepolcri della Pieve" di Attilio De Matteis

Un'antica leggenda popolare pievese , ancor oggi dura a morire, racconta che, nel secolo scorso, una spaventosa buzza del torrente Marmazza spazzò via il cimitero che sorgeva sulle sue sponde: i nostri vecchi raccontavano convintissimi che il "pà dul pà" aveva personalmente visto le bare schizzar fuori dalle tombe, trascinate a valle dalle acque impetuose. Fino a pochi anni fa, il giorno di Ognissanti, si faceva una processione fino alle rive del torrente per pregare sul luogo ove si diceva sorgesse il vecchio cimitero.

Le ricerche storiche affrontate negli ultimi anni per la documentazione necessaria per i lavori di restauro della chiesa parrocchiale dei Santi Vincenzo e Anastasio, hanno ristabilito la verità

facendo piazza pulita della leggenda popolare. Nel Cinquecento, Seicento e Settecento le sepolture avvenivano all'interno della chiesa, in fosse comuni poste nelle navate, suddivise per il clero, le donne gli uomini e i bambini. Le relazioni delle visite pastorali ne parlano di sovente, per lamentare il cattivo stato di manutenzione e di chiusura delle pavimentazioni, in un'atmosfera che ricorda quella cantata da Ugo Foscolo:

"Non sempre i sassi sepolcrali a'templi Fean pavimento; né agl'incensi avvolto / De cadaveri il lezzo i supplicanti / Contaminò?"

Altre sepolture avvenivano lungo il muro perimetrale a monte della chiesa, come è stato dimostrato dagli scavi archeologici.Fu solo all'inizio dell'Ottocento che venne costruito l'attuale cimitero, secondo le prescrizioni delle leggi napoleoniche: leggerne le lapidi può essere un modo per ricostruire brandelli di vita quotidiana e di storia dei nostri paesi nei tempi di cui non esiste alcuna traccia nelle cronache.Le lapidi più antiche si trovano murate nei muri perimetrali della chiesa: la prima che si incontra, ricorda i tempi dell'oro ossolano

In memoria di Domenico Tedeschi caporale delle miniere, sgraziatamente colpito durante il suo lavoro il giorno 21 ottobre 1882 nell'età di anni 48 lasciando nel dolore di sua sventurata perdita la moglie e i figli. The Pestarena United Gold Mining Company Limited in riconoscenza dei suoi lunghi, buoni e fedeli servizi pose.

La società inglese, nel secolo scorso, sfruttò parecchie miniere anche in Val Toppa sulle montagne pievesi, subentrando alle famiglie di minatori locali che, per secoli, avevano scavato i filoni auriferi con tecniche artigianali.

Altre lapidi raccontano la storia di un'intera famiglia:

A distinguere nel campo dell'umana eguaglianza le ossa di Marianna Cicoletti nata Zucchinetti morta di anni 40 mentre felicitava d'un parto la famiglia il 11 maggio 1861. Ahi troppo presto rapita alla delizia di tre figlie, alla tenerezza d'un inconsolabile marito, desiderio de' parenti, per esemplarità di religione per candore dei costumi modello, sostegno del povero e conforto. Bartolomeo Cicoletti per eternarne la memoria fra chi non la conobbe alla diletta consorte questo monumento funebre poneva.

Dopo quattro anni moriva anche il citato marito: Bartolomeo di Giuseppe Cicoletti nato il 1 febbraio MDCCCIII morì il 9 agosto MDCCCLXV . Sagace operoso perseverante faticò la vita in prosperati negozii né per questo dimenticò la patria celeste, credette e sperò in Cristo e nella carità e religione di Lui temperò i dolori di quaggiù e l'affanno di una lunga e sfidata malattia. O padre, le tue Ersilia, Sofia, Elisa che in tenera età lasciasti orfane in terra pregano Dio che con la loro madre direttissima ti ricongiunga in cielo.

La famiglia Cicoletti era una delle più agiate del paese, arricchitasi con lo sfruttamento delle miniere d'oro e con il commercio, tuttavia non sfuggiva alle triste leggi della natura. Le condizioni di vita, nella nostra zona e nel resto d'Italia, erano molto disagiate, la mortalità molto elevata, la durata media della vita inferiore di qualche decennio all'attuale. Ed infatti?

Sofia di Bartolomeo Cicoletti e Marianna Zucchinetti nacque il 23 dicembre 1855 e morì il 2 maggio 1870. Fanciulla d'angelici costumi colle esimie virtù della mente e del cuore principiava a giocondar la terra e fiore odoroso appena sbocciato volle il Signore trapiantarlo nelle aiuole del Paradiso. Anima bella e beata prega Dio che nel Regno suo glorioso teco un dì e coi desideratissimi genitori si ricongiungano le tue Ersilia ed Elisa che sole ormai rimangono quaggiù.

All'interno del cimitero le lapidi più vecchie risalgono alla Prima Guerra Mondiale:

Il 30 ottobre 1918 colpito alla fronte a Ramanziol sul Piave eroicamente cadeva il cap. Giuseppe Giovanni Francioli. A gloria del caduto, a proprio conforto, la consorte e figlio posero.

C'è in questa lapide tutta la tragedia di una morte in guerra e un'atroce beffa del destino: il soldato morì ad appena cinque giorni dalla data dell'armistizio. La guerra, però, continuò a colpire anche negli anni seguenti:

In memoria di Soi Umberto giovinezza virtuosa troncata per morbo contratto in guerra. 1899/1920.

Una grande lapide, di recente restaurata, posta sul muro di cinta richiama l'attenzione:

Gli stabilimenti di Rumianca Ing. A. Vitale a perenne ricordo degli operai mancati al lavoro ed ai loro cari per morbo crudele 1918 1919.
Pratini Giacomo fu Pietro, Vogogna 1902/1918 Vogogna;
Longhi Angelo di Carlo, Carnago 1886/1918 Novara;
Croso Mario di Giorgio. Serravalle Sesia 1894/1918 Pallanza;
Pirozzini Vincenzo di Giovanni, Pieve Vergonte 1890/1918 Pieve Vergonte;
Fulceri Luigi fu Gioacchino, Solana 1897/25/9/1918 Novara;
Bossalini Antonio di Carlo, Parini d'Olmob1895/26-9-1918 Pieve Vergonte;
Sbrai Ugo di Luigi, Venezia 1886/27-9-1918 Pallanza;
Latteoni Candido di Elia, Pordani 1891/28-9-1918 Pallanza ;
Colombo Zefferino di Giovanni, Mottaloiata 1893/30-9-1918 Pallanza;
Beolino Giacomo di Giovanni, Locana 1896/4-10-1918 Pallanza;
Podico Camillo fu Giovanni, Cossogno 1883/10-10-1918 Rumianca ;
Monticavalli Alvaro di Guglielmo, Briga 1903/15-10-1918 Rumianca ;
Lambrusco Giovanni di Luigi, Giussano 1893/6-10-1918 Pallanza;
Andreolotti Andrea di Michele, Premosello 1881/16-10-1918 Premosello;
Monticavalli Emma di Guglielmo, Briga 1902/19/10/1918 Rumianca ;
Pizza Giulio di Antonio, Collodi 1887/23-10-1918 Pallanza;
Bongiovanni Giorgio di Giacomo, Chiusa di Pesio 1888/27-10-1918 Piedimulera;
Carampazzi Pietro di Giovanni, Ghemme 1887/1-12-1918 Pieve Vergonte;
Rodoni Pietro di Luigi, Anzola 1863/2-12-1918 Pieve Vergonte;
Pagani Ernesto di Pietro, Cavasso 1888/1-12-1918 Omegna;
Piva Raffaele fu Antonio, Tottalba 1896/21-4-1919 Rumianca.

Una strage spaventosa, con uno stillicidio di morti quasi quotidiane: tra i tanti, i due Monticavalli, fratello e sorella di 15 e 16 anni, morti a quattro giorni di distanza uno dall'altra.

Si può considerare la lapide come un documento di "storia della medicina": il "morbo crudele" fu la "spagnola". Si trattava di una forma influenzale, particolarmente virulenta, che, sia per la mancanza di adatti medicamenti, sia per le scadenti condizioni fisiche delle popolazioni provate da lunghi anni di guerra, colpì in modo violentissimo, provocando in tutto il mondo 15 milioni di morti in pochi mesi: più di quanti ne caddero in quattro anni sui campi di battaglia! La cronologia dei decessi rispecchia fedelmente l'andamento dell'epidemia che ebbe il suo periodo di maggior mortalità tra il settembre e il dicembre 1918 e si esaurì nella primavera successiva.

Nei difficili anni seguiti alla Grande Guerra molti Ossolani, e tra loro numerosi Pievesi, cercarono lavoro e fortuna in lontani paesi: Nord e Sud America, India?

Un gruppo di minatori lavorò nel lontano possedimento della Corona Britannica e, puntualmente, ne resta traccia in una lapide:

Giovanni Rossetti in procinto di rimpatriare sorpreso da repentino malore colla calma del giusto chiuse la sua vita laboriosa ed esemplare. 31VIII - 1875 Pieve ; 31- V-1927 Nundydroog Indie.

Ancora una lapide che ricorda un episodio poco noto delle vicende coloniali italiane:

Bendotti Luigi d'anni 40 caduto nell'adempimento del suo dovere a Mareb A.O. il 13-2-1936 nell'assalto del Cantiere Gondrand. Fieri nel loro immenso dolore la moglie e i figli posero.

Era il tempo della guerra d'Abissinia: il cantiere della Gondrand a Mau Lahlà (Eritrea) sul fiume Mareb era costituito da 90 italiani, tutti operai, col loro ingegnere capo Cesare Rocca e sua moglie Lidia Maffioli. Il campo era praticamente indifeso, avendo a disposizione solo una quindicina di fucili. All'alba del 13 febbraio 1936 il cantiere fu assalito da una banda di un centinaio di guerriglieri abissini di ras Immurù, provenienti dalla vicina Etiopia. Fu un massacro: gli Abissini trucidarono 85 Italiani, mentre 40 di loro rimasero uccisi per l'esplosione di un deposito di gelatina. In accordo con la tattica colonialista del tempo, la rappresaglia delle truppe italiane fu ferocissima: parecchi sospetti guerriglieri furono impiccati sul luogo del massacro, con esecuzioni sommarie anche per semplici sospetti; diversi villaggi furono rasi al suolo, sterminandone tutti gli abitanti, uomini, donne o bambini che fossero.

Arriva la Seconda Guerra Mondiale ed altre lapidi si aggiungono nel cimitero:

Alla cara memoria di Conti Colombo d'anni 35. Probo ed onesto lavoratore perito in seguito ad incursione aerea nemica in Germania il 31 luglio 1942 XX. I fratelli e le sorelle dolenti posero.

Nell'anno XX dell'Era Fascista, mentre Italia e Germania erano ancora saldamente alleate, cominciavano i segni della fine: i bombardieri anglo-americani portavano morte e distruzione nel cuore del Terzo Reich e anche il nostro concittadino, probabilmente lavoratore in qualche fabbrica tedesca, perì sotto le bombe. Non manca la tragedia della campagna di Russia: Picchetti Pompeo N. 28-4-1922, disperso in Russia il 18-5-1943

Una lapide semplice, scarna e senza fronzoli, posta a suggello di un sepolcro che non ha mai ospitato nessuno, ma che riesce, in poche parole, ad evocare la tragedia di un giovane di appena 21 anni che, al pari di migliaia di altri, svanì nel nulla nell'immensa steppa russa: di lui resta solo una foto col cappello da alpino ad evocare l'inquietante ricordo dei morti che "non sono morti". Poi la guerra entra in casa, assumendo la veste di guerra civile: nel territorio pievese, a Megolo, muore il capitano Beltrami coi suoi uomini. Altri partigiani cadono in scontri a fuoco e imboscate; a loro è dedicata la "tomba dei partigiani", delimitata da quattro bombe da mortaio riempite di fiori:

Per la Giustizia insorsero, per la Libertà caddero. Massari Mario N. 19-8-1922 M. 12-10-1944; Cavicchia Lelio N. 16-3-1915 M.1-7-1944; Salamida Cosimo N. 14-10-1916 M.13-9-1944; Thomas Jean N. 8-6-1926 M. 26-3-1944.

In un secondo tempo, nell'area della tomba è stata aggiunta una stele a ricordo del rientro delle spoglie di un Caduto nelle terre slave: Innocente Guglielmetti 17-5-1918; 30-7-1943. Globornica Fiume.

La guerra è finita: iniziano gli anni del dopoguerra, della ricostruzione, della ripresa industriale, della motorizzazione. Altre storie si leggono sulle lapidi, narrano di morti sul lavoro, di incidenti stradali?ormai siamo alla cronaca di oggi.